mercoledì 26 settembre 2018

Recensione: "Divorare il cielo, Paolo Giordano"

Recensione: Divorare il cielo, Paolo Giordano

Edizione: Einaudi - Supercoralli, 2018
Note autore: Paolo Giordano è nato a Torino nel 1982. È autore di quattro romanzi: La solitudine dei numeri primi (Mondadori 2008, Premio Strega e Premio Campiello Opera Prima), Il corpo umano (Mondadori 2012), Il nero e l'argento (Einaudi 2014) e Divorare il cielo (Einaudi 2018). Ha scritto per il teatro (Galois e Fine pena: ora) e collabora con il «Corriere della Sera».

Trama: La prima volta che Teresa li vede stanno facendo il bagno in piscina, nudi, di nascosto. Lei li spia dalla finestra. Le sembrano liberi e selvaggi. Sono tre intrusi, dice suo padre. O tre ragazzi e basta, proprio come lei. Bern. Tommaso. Nicola. E Teresa che li segue, li studia, li aspetta. Teresa che si innamora di Bern. In lui c'è un'inquietudine che lei non conosce, la nostalgia per un'idea assoluta in cui credere: la religione, la natura, un figlio. Sono uno strano gruppo di randagi, fratelli non di sangue, ciascuno con un padre manchevole, carichi di nostalgia per quello che non hanno mai avuto. Il corpo li guida e li stravolge: la passione, la fatica, le strade tortuose e semplici del desiderio. Il corpo è il veicolo fragile e forte della loro violenta aspirazione al cielo. E la campagna pugliese è il teatro di questa storia che attraversa vent'anni, quattro vite, un amore. Coltivare quella terra rossa, curare gli ulivi, sgusciare montagne di mandorle, un anno dopo l'altro, fino a quando Teresa rimarrà la sola a farlo. Perché il giro delle stagioni è un potente ciclo esistenziale, e la masseria il centro esatto del mondo.

Recensione: Non credevo avrei mai letto di nuovo un libro di Giordano. Però è accaduto ancora e, non me l'aspettavo, mi è piaciuto.
Non avevo alcuna intenzione di leggere questo libro nonostante quasi tutti ne parlassero benissimo, tuttavia la mia migliore amica, tornata dalle vacanze, mi dice di aver letto questo libro, un po' controverso, ambientato in Puglia, di Paolo Giordano... Ah, è per caso:"Divorare il cielo"?
Coincidenza o destino, la mia amica me lo presta perché non vede l'ora di parlarne con me (devo ancora restituirglielo per la cronaca, voglio pubblicamente dirle e quindi affermare che il suo libro è integro e aspetto che scenda per ridarglielo).
Appena finito, ci ho messo due settimane per leggerlo, ci siamo confrontate ed eravamo d'accordo su praticamente tutti i punti su cui abbiamo discusso.



La storia ruota attorno a Teresa, infatti la voce narrante è in prima persona ed è proprio lei che racconta delle sue estati passate in Salento dalla nonna durante le quali incontra l'amore della sua vita, Bern, che vive nella masseria accanto alla villa.
Verrà a contatto anche con i due fratellastri di Bern e i suoi tutori legali, Cesare e Floriana, due coniugi molto credenti che imprimono questa passione anche ai bambini tramite la recitazione di preghiere, pezzi della Bibbia e riflessioni su Dio e la vita.

Conoscevo già lo stile di Paolo Giordano e la sua propensione a parlare di storie molto particolari con personaggi alquanto odiosi: infatti su questi due elementi non ha tradito le aspettative.
La storia ha alcuni punti morti, infatti lo stile non è stato esattamente quello accattivante di Giordano che avevo trovato ne "La solitudine dei numeri primi": a volte si perde nelle descrizioni, i dialoghi, quelli di Tommaso in particolar modo (quando racconta la storia), a volte sembrano un po' surreali.
Una giustissima osservazione della mia amica è stata che tutti i personaggi hanno più o meno la stessa voce quando parlano, che è molto simile a quella narrante, ci sono pochi tratti distintivi tra queste e forse quelle che fanno abbastanza la differenza sono quelle di Bern, Cesare e un personaggio secondario, il ginecologo di Teresa. Gli altri quando parlano sono tra di loro quasi irriconoscibili.

I personaggi sono tutti detestabili per un motivo o per l'altro, ma soprattutto per il loro egoismo smisurato, infatti questa è una caratteristica comune a tutti, nessuno escluso. Credo che l'autore abbia intenzionalmente deciso di dipingerli in questo modo: Teresa è la prima che iniziamo ad odiare, da quando racconta di recarsi tutte le estati dalla nonna nel Salento con sensibilità pari a zero, a volte è addirittura nauseante, ma, con il proseguire della lettura, diventa più piacevole conviverci.
Fortunatamente la caratterizzazione dei personaggi, rispetto ai dialoghi che lasciano un po' a desiderare, è costruita magnificamente: durante la lettura, quando succede un avvenimento, il lettore può facilmente immaginare come reagirà un determinato personaggio, cosa farà. Bern, ad esempio, è il personaggio costruito alla perfezione: come dice la nota posteriore del libro, è guidato da passioni primitive, quando ama qualcosa lo fa intensamente e in maniera assoluta e durante tutto il romanzo non si smentisce nemmeno una volta.
Posso comunque assicurare che non solo lui rimane coerente rispetto al suo carattere durante tutta la storia, bensì tutti i personaggi quando agiscono rimangono fedeli al "quadro" che ne ha voluto dare l'autore.

La Puglia è la cornice perfetta per un personaggio come Bern e per raccontare la storia tra lui e Teresa: la masseria, il lavoro nei campi, gli ulivi e le palme sono tutti elementi legati alla natura, quindi alla semplicità, in questo caso della passione, dell'amore, non solo intesi come sentimento prettamente sessuale. 
Vivendo in questa regione sono riuscita ad immaginare perfettamente le campagne, le distese di ulivi, ville e masserie e la loro architettura tipica, ma... non sono sicura che chi non ha del vissuto in Puglia alle proprie spalle possa immaginare tutto come l'ho fatto io. Infatti le descrizioni non sono state esaurienti, a volte alcuni passaggi sono inutili e allungano più del necessario e non danno particolari strettamente necessari a descrivere l'ambiente.

Tirando le somme, è un libro che non mi ha lasciata entusiasta appena terminato, la fine è coerente con tutta la narrazione, nonostante abbia letto pareri che trovassero senza senso il finale tragico.
Onestamente, appena terminato, ho pensato che fosse adeguato e in linea rispetto alla caratterizzazione dei personaggi: mentre ne "La solitudine dei numeri primi" il finale è inconcludente e senza senso, trovo che in questo libro non sarebbe potuto finire diversamente.
Il nuovo romanzo di Paolo Giordano è stata una piacevole riscoperta, non entra sicuramente tra i libri preferiti letti quest'anno, ma è riuscito a dimostrare che l'autore non offre solo una retorica accattivante, ma anche una buona capacità di costruzione dei personaggi.

VALUTAZIONE:


2 commenti:

  1. Io purtroppo non ho ancora avuto modo di leggerlo, ma ho letto un mucchio di recensioni positive. E non nascondo che anche in me sta crescendo la curiosità ☺☺

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    1. la solitudine dei numeri primi, come ho già detto nella recensione, mi aveva totalmente dissuasa a leggere qualsiasi altra cosa proveniente dall'autore, questo libro però mi ha sorpresa!
      ti consiglio di leggerlo per farti un'opinione, per il resto è nella media :)

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