giovedì 11 febbraio 2021

Classica chiacchierata #2, Anna Karenina

Classica chiacchierata #2

Anna Karenina

Quando ho iniziato Anna Karenina avevo già di base altissime aspettative, ma non credevo che leggendolo le avrebbe soddisfatte e anche superate: ciò a cui mi sono approcciata, usando poche parole per descrivere questo grande pezzo di letteratura, ho scoperto essere un romanzo sulla vita e IL romanzo di tutti i romanzi. Probabilmente in futuro troverò altri libri che sapranno eguagliare la grandezza di questa storia, ma per ora rimane indiscussa opera d'arte che eclissa quasi tutti i romanzi che ho letto in precedenza.
Sicuramente, se non è possibile paragonare i romanzi contemporanei ad un classico, Anna Karenina spicca su tutti gli altri romanzi dei secoli precedenti e, per le tematiche e per come Tolstoj le argomenta, si dimostra particolarmente attuale, senza tempo. Anche se alcune dinamiche adattate ai giorni nostri sono sicuramente anacronistiche, per sommi capi il tutto si adatta ed è solo grazie alle doti dello scrittore che non solo ci fa un ritratto ottimo della società borghese russa del tempo, ma sa, col suo stile magistrale, incantare il lettore e renderlo partecipe della vita di questi uomini e donne che durante il corso della storia non solo hanno articolate riflessioni sulla vita e la realtà che li circonda, ma riescono, se non tutti alcuni, ad arrivare ad un punto in cui riescono a distendere i nodi problematici sulla loro esistenza.

venerdì 24 luglio 2020

Instagram e la svalutazione del libro

Instagram e la svalutazione del libro

Ammetto che la mia visione sull'orizzonte ampissimo del mondo dei libri si è ristretto, e non di poco. Lo

ammetto con molta franchezza ma anche con molta delusione, amarezza per essere più precisi.
Ho pensato e ripensato alle parole giuste per scrivere un post che vorrei si rivolgesse a tutti i lettori usando parole adeguate al tema: l'oggetto libro e l'ascendente che esercita sui lettori.
In particolare volevo soffermarmi sull'oggetto libro in sè per sè: di solito questo non è soltanto un insieme di carta e cartone con delle parole stampate sopra, ma rappresenta, quasi sempre, qualcosa che va al di là del materialismo, qualcosa che ha anche un impatto sulla sfera emotiva, positivo o negativo che sia.
Considerati nel panorama dei social, i libri negli ultimi anni costituiscono una riscoperta importante, Instagram in particolare mette in contatto tantissimi lettori, tutti diversi, che promuovono libri che, ahimè, non sono altrettanto vari. Infatti vorrei soffermarvi sulla domanda: come scegliamo le nostre letture? In che modo scegliamo che libri comprare?

Il fenomeno che mi è capitato di osservare è l'omogeneità dei post presenti presenti sui social: inutile dire che è un risultato di tanti eventi che concatenati tutti insieme creano un ciclo di cui il mercato dei libri è diventato dipendente. L'omogeneità sta nel vedere tantissimi contenuti che alla fine finiscono per assomigliarsi tutti perché buona parte parla degli stessi libri.
Più che mai mi sono resa conto io stessa di far parte di questo meccanismo quando, spulciando nella mia wishlist per trovare dei titoli Einaudi/Adelphi/Bompiani da acquistare con gli sconti, ho trovato miriadi di libri che conoscevo non perché li avessi scoperti io, ma perché li avevo segnati dopo aver letto dieci post relativi a quel libro, dopo aver visto dieci storie relative a quel libro.
Non che ci sia qualcosa di sbagliato in tutto questo: il "mercato" dei libri non è sicuramente tra i più gettonati e proficui, delle interessanti delucidazioni le offre Bookblister che si preoccupa di spiegare il mondo editoriale anche ai "profani", quindi la spinta che Instagram offre a mio parere è molto importante.

giovedì 26 marzo 2020

Recensione: "La campana di vetro, Sylvia Plath"

Recensione: "La campana di vetro, Sylvia Plath"

Edizione: Mondadori, 2017
Note sull'autrice: Poetessa statunitense. Dopo gli studi universitari allo Smith College, ottenne una borsa di studio in Inghilterra dove conobbe il poeta Ted Hughes, che sposò nel 1956. Le durezze della vita domestica e lo scarto tra la prigionia della condizione femminile e l'ardore della ispirazione poetica le si rivelarono presto insopportabili. Morì suicida a soli 31 anni. Al momento della morte aveva già pubblicato la raccolta "Il colosso" (1960) e il romanzo autobiografico "La campana di vetro" (1963). Ma il meglio della sua produzione, raccolto dopo la morte a cura del marito nel volume "Ariel" (1965), in "Alberi invernali" (1971) e "Attraversando l'acqua" (1971), appartiene al periodo estremo e più solitario della sua vita.Assurse a simbolo di tutte le rivendicazioni femministe.

Trama: Brillante studentessa di provincia vincitrice del soggiorno offerto da una rivista di moda, a New York Esther si sente «come un cavallo da corsa in un mondo senza piste». Intorno a lei, l'America spietata, borghese e maccartista degli anni Cinquanta: una vera e propria campana di vetro che nel proteggerla le toglie a poco a poco l'aria. L'alternativa sarà abbandonarsi al fascino soave della morte o lasciarsi invadere la mente dalle onde azzurre dell'elettroshock. Fortemente autobiografico, La campana di vetro narra con agghiacciante semplicità le insipienze, le crudeltà incoscienti, gli assurdi tabù che spezzano un'adolescenza presa nell'ingranaggio stritolante della normalità che ignora la poesia. Include sei poesie da "Ariel".

Recensione: dopo pochi capitoli de "La campana di vetro", ho realizzato di trovarmi dinanzi ad un libro che sarebbe potuto entrare tranquillamente a far parte dei miei preferiti di sempre. Purtroppo non è successo, ma la colpa non è né del libro né tantomeno della sua fenomenale autrice, ma solo mia.
Sylvia è entrata nel mio cuore come pochi autori hanno fatto, col suo stile pulito e diretto, che è una caratteristica comune a molti autori americani, è riuscita a raccontarmi una storia, la sua, condendola di tutti i suoi pensieri e le sue sensazioni circa la vita e la società che la circondava, dalla quale lei si sentiva così tanto distante. Mi sono sentita così vicina alla protagonista circa molte delle sue riflessioni e opinioni che posso affermare che per me leggere i pensieri di Sylvia è come guardarsi allo specchio.

I fatti che avvengono nel romanzo non sono altro che il veicolo che Sylvia, in particolare all'interno della storia Esther, usa per riflettere su se stessa: nonostante i numerosi riconoscimenti avuti durante tutta la sua vita grazie agli studi e alle sue capacità, il personaggio è costantemente malinconico e non fa che svalutare se stessa dando importanza alle cose che non sa fare, piuttosto che a quelle che l'hanno portata ad avere risultati soddisfacenti ed importanti.
Ci sono momenti in cui fa un lungo elenco delle cose che non sa fare esprimendo un forte sentimento di inadeguatezza che permea durante tutto il romanzo.

Mi sentivo come un cavallo da corsa in un mondo senza ippodromi, o come un campione di calcio dell'università che si trova tutt'a un tratto di fronte a Wall Street e al doppiopetto grigio, i suoi giorni di gloria ridotti alle dimensioni di una piccola coppa d'oro sulla mensola, con su incisa una data, come una lapide di cimitero.

sabato 18 maggio 2019

#LostinForensic: Il mio progetto

#LostinForensic: Il mio progetto

Nonostante la mia latitanza inesorabile qui su Blogger, su Instagram sto concentrando molte delle mie energie: non è una scelta felice per me visto che adoro il mio blog e la piattaforma in cui si trova.
Semplicemente nell'ultimo periodo mi è venuto più semplice interagire con lettori su Instagram che qui, i post sono più rapidi da leggere e commentare e le stories sono il mio feticcio: le guardo tutte, mi appassiono tantissimo alle letture altrui e ai loro commenti entusiasti o delusi.
Dal social che impazza al momento mi è nata l'idea di "personalizzare" di più il mio profilo e parlare di quello che mi piace oltre la lettura, anche di quello che mi piacerebbe fare tra qualche anno come lavoro vero e proprio. Infatti, probabilmente alcuni di voi non lo sapranno, io studio Biologia e spero di diventare un giorno un Biologo forense (anche se mi piacerebbe lavorare in ambito medico, sempre come biologo).

Ed ecco com'è nato il mio Hashtag (sì, mio mio, nessuno l'aveva mai usato prima): lo utilizzo per marcare tutti i post che scrivo relativi al mondo Forense.
Da qualche mese ho deciso di dedicarmi oltre che alle mie solite letture, anche a quelle ad impronta insieme scientifica e criminalistica e di parlarne in post a cadenza settimanale sulla mia pagina Instagram.

lunedì 6 maggio 2019

Recensione film: Into the wild

Recensione film: Into the wild

Formato: colore
Anno: 2007
Regista: Sean Penn
Casa di produzione: Paramount Vantage, River Road Films, Art Linson Productions
Durata: 148 min
Genere: avventura, biografico, drammatico
Soggetto: dal romanzo Nelle terre estreme di Jon Krakauer
Interpreti:
  • Emile Hirsch: Christopher McCandless
  • William Hurt: Walt McCandless
  • Marcia Gay Harden: Billie McCandless
  • Jena Malone: Carine McCandless
  • Hal Holbrook: Ron Franz
  • Catherine Keener: Jan Burres
  • Brian H. Dierker: Rainey
  • Kristen Stewart: Tracy Tatro
  • Vince Vaughn: Wayne Westerberg
  • Zach Galifianakis: KevinMichael Keaton: Riggan Thomson
Musiche: Eddie Vedder, Michael Brook, Kaki King

Trama: Christopher McCandless è un ragazzo americano benestante che, subito dopo la laurea in scienze sociali all'Università Emory nel 1990, decide di donare all'Oxfam il denaro che i suoi genitori gli avevano fornito per continuare gli studi e di abbandonare amici e famiglia per sfuggire ad una società consumista e capitalista nella quale non riesce più a vivere. La sua inquietudine, in parte dovuta al cattivo rapporto con la famiglia e in parte alle letture di autori anticonformisti come Thoreaue London, lo porta a viaggiare a piedi per due anni negli Stati Uniti e nel Messico del nord, sotto lo pseudonimo di Alexander Supertramp.
Durante il suo lungo viaggio verso l'Alaska incontrerà sulla sua strada diversi personaggi: Jan e Rainey, una coppia hippie, Wayne Westerberg, un giovane trebbiatore del Dakota del Sud, Tracy, una giovane cantautrice hippie, e Ron, un anziano veterano scontroso chiuso nei suoi ricordi; tutti personaggi a cui cambierà la vita con il suo messaggio di libertà e amore fraterno e dai quali riceverà la formazione necessaria per affrontare le immense terre dell'Alaska.

Recensione: Diretto da Sean Penn, è uno dei film con la migliore fotografia che abbia mai visto. Il film è biografico e ripercorre la vita di Christopher McCandless che, una volta laureatosi, decide di abbandonare la sua vita abitudinaria e viaggiare per l'America alla riscoperta di se stesso e di una vita che quasi nessuno ha il coraggio d'intraprendere.
Dopo un po' di vagabondaggio, Christopher, o meglio, Alexander, decide la sua meta: l'Alaska, un territorio incontaminato dove potrà assaporare la libertà delle terre estreme.

Questo è un film per lo più visivo, come accennavo all'inizio, grazie alla fotografia e alle riprese che la fanno da padrona insieme all'immenso spazio dato alle riflessioni e alle citazioni, piuttosto che ai dialoghi: il che è anche il senso del film e della vita che Alex vuole vivere. Una vita che rifiuta di conformarsi ai dettami della società, alle regole e ai pregiudizi che sin da piccoli ci vengono imposti e che accettiamo senza consapevolezza di ciò che ci viene, in un certo senso, tolto.
Quello che viene a mancarci sono le esperienze che arricchiscono il vissuto, il rapporto con la natura e con la parte più intima di noi stessi che spesso ignoriamo per conformarci.
Christopher comincia invece a maturare la consapevolezza tramite le sue letture e soprattutto tramite il desiderio di non diventare come i suoi genitori, che invece sono il perfetto emblema della società: una coppia apparentemente perfetta, di sani principi, con una bella casa e un buon lavoro e che possono vantarsi di tutto questo. Un velo d'ipocrisia riveste la vita del protagonista, le cui decisioni drastiche possono considerarsi una diretta conseguenza.

lunedì 15 aprile 2019

#SeriesTalk: L'amica geniale, tetralogia

#SeriesTalk: L'amica geniale, tetralogia

Dunque sono giunta alla fine.
Quando arrivi al termine di una saga sembra sempre di aver terminato un lungo viaggio, a maggior ragione se ti è piaciuta e ha occupato la maggior parte delle tue giornate.
La tetralogia della Ferrante è stato questo, un bel viaggio, con alcuni alti e bassi, ma con un finale meraviglioso quanto straziante. Sin dal primo libro mi aspettavo una conclusione non molto piacevole, ma questa... Era inaspettata.
Sono passati pochissimi giorni da quando ho terminato l'ultimo libro e ancora ci penso. Non sono riuscita a versare una sola lacrima, è stato strano perché mi sentivo sconvolta, il vuoto che mi hanno lasciato le ultime pagine è stato difficile da affrontare.


Questa storia costruisce e poi smonta, come con dei mattoncini si ricompone, pone delle basi per poi distruggerle nuovamente. Questo è un po' il concetto della smarginatura dopotutto, la definizione rigorosa sarebbe quella del taglio dei margini, a volte si fa con le stoffe, quest'ultima ne rende più palpabile il senso che invece Lila dà a questa parola.
Disse che i contorni di cose e persone erano delicati, che si spezzavano come il filo del cotone. Mormorò che per lei era così da sempre, una cosa si smarginava e pioveva su un'altra, era tutto uno sciogliersi di materie eterogenee, un confondersi e rimescolarsi. Esclamò che aveva dovuto sempre faticare per convincersi che la vita aveva margini robusti, perché sapeva fin da piccola che non era così, e perciò della loro resistenza a urti e spintoni non riusciva a fidarsi.
Storia della bambina perduta, vecchiaia.

giovedì 14 febbraio 2019

Recensione: "La musa degli incubi, Laini Taylor"

Recensione: "La musa degli incubi, Laini Taylor"


Edizione: Fazi, Collana "Laini ya"
Note sull'autrice: Laini Taylor e' una scrittrice americana nata a Chico, California l'11 Dicembre 1971. Ha passato l'infanzia tra Hawaii, Italia, Belgio, Virginia e California, diplomandosi alla Fountain Valley High School in California. Si e' laureata alla UC Berkeley in Letteratura Inglese nel 1994. Ha poi frequentato per alcuni mesi il California College of Arts & Crafts studiando illustrazione. Prima di dedicarsi completamente alla scrittura ha lavorato come libraia, cameriera e disegnatrice. Ha sempre desiderato, fin da piccola, diventare una scrittrice, ma quando pubblico' il suo primo libro, Dreamdark: Blackbringer, nel 2007, aveva gia' 35 anni. Il seguito di questo, Dreamdark: Silksinger, usci' nel 2009 e vinse il Cybil Award.
Comunque e' meglio conosciuta per la serie young adult fantasy Daughter of Smoke and Bone, il cui primo libro, La Chimera di Praga, e' uscito nel 2011. Vive ora a Portland, Oregon con il marito Jim e la figlia Clementine Pie. (si ringrazia il forum My fantasy Ebook)

Trama: La peggiore paura degli abitanti di Pianto si è concretizzata: nella minacciosa fortezza di mesarzio i figli degli dèi sono ancora vivi. Sarai è diventata un fantasma, mentre il Sognatore ha appena scoperto di essere lui stesso un dio dalla pelle blu, l'unico capace di fronteggiare l'oscura Minya, animata dall'implacabile desiderio di vendetta nei confronti degli umani che massacrarono la sua gente. Lazlo si troverà di fronte alla più impensabile delle scelte: salvare la donna che ama oppure tutti gli altri. Ma inquietanti misteri dimenticati chiedono di essere risolti: da dove sono arrivati, veramente, i Mesarthim, e cosa ne è stato di tutti i bambini nati nella fortezza durante il dominio di Skathis? Quando i portali dimenticati si apriranno di nuovo, mondi lontani diventeranno pericolosamente vicini e un inatteso, potente nemico arriverà deciso a spazzare via le fragili speranze di tutti, dèi e umani. Sarai, la Musa degli Incubi, conoscitrice di ogni genere di paura fin da quando aveva sei anni, sarà costretta ad affrontare orrori che neanche immaginava e ad andare oltre i suoi stessi limiti: l'esperienza le ha insegnato che l'odio e il terrore sono sentimenti facili da provocare. Ma come si fa a rovesciare l'odio, a disinnescare la vendetta? È possibile salvare i mostri, piuttosto che annientarli? In questo seguito de "Il Sognatore" va in scena lo scontro tra distruzione e salvezza.

Recensione: Quando finisce una serie, lunga o corta che sia, è sempre un enorme dispiacere se è stata di mio gradimento, terminare questa è stato da una parte soddisfacente, per come si sono evolute le vicende, da un'altra sconsolata perché composta da solo due libri e non so se in futuro verrà pubblicato qualcos'altro su questa splendida storia.
Nelle prime pagine l'autrice ci presenta un ambiente decisamente diverso da quello che conosciamo, un'isola con una non ben chiara collocazione e due ragazze vittime del patriarcato, che capiamo subito essere sicuramente più di quello che appaiono e che, chissà, potrebbero essere collegate alla storia principale.