lunedì 15 aprile 2019

#SeriesTalk: L'amica geniale, tetralogia

#SeriesTalk: L'amica geniale, tetralogia

Dunque sono giunta alla fine.
Quando arrivi al termine di una saga sembra sempre di aver terminato un lungo viaggio, a maggior ragione se ti è piaciuta e ha occupato la maggior parte delle tue giornate.
La tetralogia della Ferrante è stato questo, un bel viaggio, con alcuni alti e bassi, ma con un finale meraviglioso quanto straziante. Sin dal primo libro mi aspettavo una conclusione non molto piacevole, ma questa... Era inaspettata.
Sono passati pochissimi giorni da quando ho terminato l'ultimo libro e ancora ci penso. Non sono riuscita a versare una sola lacrima, è stato strano perché mi sentivo sconvolta, il vuoto che mi hanno lasciato le ultime pagine è stato difficile da affrontare.


Questa storia costruisce e poi smonta, come con dei mattoncini si ricompone, pone delle basi per poi distruggerle nuovamente. Questo è un po' il concetto della smarginatura dopotutto, la definizione rigorosa sarebbe quella del taglio dei margini, a volte si fa con le stoffe, quest'ultima ne rende più palpabile il senso che invece Lila dà a questa parola.
Disse che i contorni di cose e persone erano delicati, che si spezzavano come il filo del cotone. Mormorò che per lei era così da sempre, una cosa si smarginava e pioveva su un'altra, era tutto uno sciogliersi di materie eterogenee, un confondersi e rimescolarsi. Esclamò che aveva dovuto sempre faticare per convincersi che la vita aveva margini robusti, perché sapeva fin da piccola che non era così, e perciò della loro resistenza a urti e spintoni non riusciva a fidarsi.
Storia della bambina perduta, vecchiaia.


Una scomposizione di corpi e oggetti: questa è anche l'essenza della scrittura della Ferrante infatti. La scrittrice parla molto spesso attraverso personificazioni, simbolismi che acquistano un'importanza fondamentale durante tutto l'arco della narrazione di tutti i libri.
Attraverso pentole, bambole, macchine l'autrice cela significati oscuri, profondi. Alcuni ritornano come echi del passato, s'impigliano a vicende articolate del presente finendo per rendere unica la storia, come se il libro fosse uno solo e fosse stato diviso solo per convenienza.
L'amicizia tra Lila e Lenù è il "filo rosso" della narrazione, sopravvive nonostante le incomprensioni e gli allontanamenti, i due momenti in cui questa acquista più importanza del solito sono dall'infanzia fino all'inizio dell'adolescenza e poi di nuovo nella maturità, superati i trent'anni.

Nello sfondo troviamo un'Italia burrascosa, vittima di scontri politici feroci, ne assaporiamo, nolenti, le brutture.
Ma in realtà sin dal primo volume siamo spettatori della violenza, di quella però più semplice, causata dalla miseria: leggi non scritte regolano la vite nel Rione napoletano in cui le nostre protagoniste crescono. Sin dall'infanzia assistono a scene tragiche, violente, di amori adulteri, nel loro immaginario il tutto è costituito da storie di orchi malvagi e storie d'amore impossibili, solo dopo capiranno la vera portata di determinati eventi, del perché tutti avessero paura dell'Orco.
Ovviamente a noi lettori paiono chiare sin dall'inizio queste analogie con questioni politiche, mafiose, di adulterio, tuttavia queste danno un'atmosfera più magica al romanzo.
Don Achille era l'orco delle favole, avevo il divieto assoluto di avvicinarlo, parlargli, guardarlo, spiarlo, bisognava fare come se non esistessero né lui né la sua famiglia. [...] Mio padre ne parlava in un modo che me l'ero immaginato grosso, pieno di bolle violacee, furioso malgrado il "don", che a me suggeriva un'autorità calma. Era un essere fatto di non so quale materiale, ferro, vetro, ortica, ma vivo, vivo col respiro caldissimo che gli usciva dal naso e dalla bocca. Credevo che se solo l'avessi visto da lontano mi avrebbe cacciato negli occhi qualcosa di acuminato e bruciante. Se poi avessi fatto la pazzia di avvicinarmi alla porta di casa sua mi avrebbe uccisa.
L'amica geniale, infanzia

La voce narrante è quella di Elena, Elena Greco, una  bambina del rione il cui futuro la porterà a Torino, come sappiamo dalle prime pagine: quello che succede nel frattempo è da scoprire. Gli altri personaggi sono a loro modo, con Elena, protagonisti di questa lunga storia, soprattutto, ovviamente, Lila, che sin da piccola appare misteriosa, geniale, vittima però di un ambiente ostile dal quale non riesce a liberarsi.
La caratterizzazione è minuziosa non solo per i personaggi principali, sono tantissimi e durante la lettura non ho necessitato nemmeno per un secondo dell'elenco dei personaggi ad inizio libro. Carmen, Gigliola, Pasquale, Rino, Pinuccia, sono tutti indelebili nella mia mente, ognuno ben distinguibile dall'altro.
Tuttavia s'instauriamo una relazione molto più intima con Elena e Lila, odiamo e amiamo a turno entrambe, ma, inevitabilmente, ce ne affezioniamo. Quello dei personaggi è uno degli elementi vincenti, una delle basi solide sul quale ho poco da ridire.

Dopo un primo libro molto introduttivo che non mi aveva esaltata, il secondo, con un inizio traumatico, è molto più incalzante rispetto al ritmo, la storia comincia a prendere strade totalmente inaspettate.
Il terzo volume è la delusione di questa saga, a mio parere: troppi elementi politici che hanno rallentato notevolmente il ritmo della storia, complice il grigiore che la scrittrice impone al romanzo, le vicende infatti si appesantiscono ed è come seguirle con gli occhi appannati da una lieve nebbiolina. A questo sembra voglia metterci una pezza tramite i colpi di scena che, dopo un po', sembrano quasi banali data la loro ripetitività.
Viene in aiuto lo stile della Ferrante che rimane una costante per tutta la saga, probabilmente è stata lei stessa a volere il terzo volume più "pesante" per trasmettere il senso di soffocamento dei personaggi.
L'ultimo è una degna conclusione: si riesce a percepire il dolore sulla nostra pelle, essersi affezionati ai personaggi sembra a questo punto un enorme sbaglio, proprio quando il libro finisce mi sono sentita spaesata, ho girato la pagina sperando ci fosse altro e, menomale, eccolo, l'epilogo che, comunque, non mi ha risparmiata.
Ci sono momenti in cui ricorriamo a formulazioni insensate e avanziamo pretese assurde per nascondere sentimenti lineari.
Storia del nuovo cognome 

Infatti anche per me è lo stesso, è inutile continuare a blaterare su quanto questa saga, nonostante non sarà la mia preferita in assoluto, mi sia piaciuta, è inutile cercare delle forme da dare alle mie frasi per ammettere in maniera molto trasparente che questa saga ha fatto breccia nel mio cuore da lettrice.

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